Gorgan (2008) ha definito l’immagine corporea come quell’insieme di percezioni pensieri ed emozioni che una persona esperisce riguardo al suo corpo. Il corpo come oggetto simbolico, veicolatore di emozioni non sempre positive, è percepito dai giovani soprattutto come biglietto da visita nell’ingresso in società che richiede sempre di più modelli irraggiungibili di magrezza e perfezione, tutto questo a discapito della salute. Ed è proprio tra l’infanzia e la prima adolescenza, nella fascia tra i 10 e i 13 anni, che possono insorgere dei disturbi alimentari.
Principali disturbi alimentari: anoressia e bulimia
I disturbi alimentari più comuni sono: l’anoressia nervosa e la bulimia. Entrambi hanno in comune l’ossessione per il peso corporeo, la forma del corpo e il controllo dell’alimentazione.
La differenza risiede nel fatto che nell’anoressia nervosa si è attenti non solo al conteggio delle calorie ma il cibo diventa un nemico da controllare ossessivamente e da ridurre drasticamente fino ad episodi in cui il giovane decide volontariamente di ridursi alla fame, mentre nella bulimia sono più frequenti gli episodi di restrizioni e abbuffate seguite da vomito autoindotto, utilizzo di lassativi o eccesso di sport per dimagrire ( che possono essere presenti anche nell’anoressia nervosa) in modo da monitorare il peso e la forma corporea. Entrambe le condotte possono essere molto pericolose per la salute del giovane e in alcuni casi portare alla morte.
Dca: disturbi del comportamento alimentare
Alcuni disordini alimentari possono insorgere non solo in adolescenza ma anche in età adulta come: il disturbo di alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder) che generalmente conduce all’obesità.
In questo caso, il cibo può diventare una difesa dal mondo esterno e colmare dei vuoti affettivi, in alcuni casi esso diventa una forma di autopunizione fino a sfociare in condotte autolesionistiche come quella di “mangiare fino a scoppiare”. L’ossessione verso la forma corporea qui è del tutto assente rispetto agli atri due disturbi. In questo caso l’abbuffata è una risposta a stati emotivi non desiderabili come rabbia, ostilità e tristezza.
Percezione negativa dell’immagine corporea
I disturbi alimentari nell’immaginario vengono associati sempre ad un’idea di magrezza eccessiva. Questa condizione è presente principalmente nell’anoressia nervosa, dove la percezione errata del proprio aspetto esteriore diventa una vera e propria fobia causata da un’eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea (Dismorfofobia).
Questa percezione negativa dell’immagine corporea è presente anche in chi è affetto da Bulimia, in cui alle abbuffate fanno seguito condotte auto compensative, basate sul senso di colpa, in cui si espelle il nutrimento tramite vomito autoindotto, lassativi o diuretici con l’obiettivo di mantenere un peso forma ideale secondo dei canoni imposti dalla società.
È stato riscontrato in chi soffre di disturbi alimentari alcune caratteristiche di personalità che andrebbero ad incidere come fattori di rischio nel mantenimento del problema alimentare, tra questi: il perfezionismo e il problema legato al controllo.
Disturbi alimentazione: da cosa sono generati
Chi presenta disturbi alimentari spesso estende un minuzioso perfezionismo a tutti gli ambiti della sua vita, mostrando un impegno fuori dal comune in attività, come: la realizzazione dello studio, nel lavoro, nel tempo libero, nelle relazioni e nell’affettività. Queste aree apparentemente facili da maneggiare in realtà sfuggirebbero al controllo.
Quello che in realtà emerge è che la persona che presenta disturbi dell’alimentazione mancherebbe di una percezione del controllo legato agli eventi esterni, ai rapporti interpersonali e ai suoi stati emotivi, per cui la frustrazione accumulata sposterebbe l’impegno in modo ossessivo solo su quegli aspetti legati al peso, all’assunzione del cibo e al conteggio delle calorie.
Anche l’eccessivo criticismo e la preoccupazione a commettere errori sarebbero coinvolti nel mantenimento dei disturbi alimentari, mostrando in chi presenta il disturbo una vulnerabilità e una bassa autostima nell’affrontare e gestire gli eventi della vita e le relazioni interpersonali.
Con una configurazione psicologica di questo tipo spesso l’isolamento sociale diventa una soluzione maladattiva alla paura del confronto, oltre ai possibili danni e ai rischi medici dovuti ad uno stile di vita malsano che rendono necessarie numerose ospedalizzazioni.
Ruolo della famiglia nei disturbi alimentari
La relazione con il cibo da sempre ha una connotazione sociale. Si impara ad amare e a odiare un alimento grazie all’interazione con le figure familiari fin dalla tenera età. In particolare, la relazione con i genitori passa anche attraverso l’accettazione e il rifiuto del cibo. La madre che seleziona il cibo per il bambino diventa colei che insegna quali sono gli alimenti giusti per la crescita e il nutrimento del corpo. Quindi il cibo diventa il primo apprendimento in famiglia e i pasti consumati possono diventare terreno di sfida in cui il bambino crescendo inizia ad avanzare le sue richieste di autonomia.
Le famiglie di chi sviluppa un disturbo alimentare, in genere, presentano dei partner comportamentali particolari che andrebbero a concorrere nell’esordio del sintomo, tra questi: l’iperprotezione, l’esercizio del controllo da parte dei genitori nei confronti del figlio/a in cui manca il rispetto degli spazi personali, confini labili con alti livelli di invischiamento, evitamento del conflitto e impossibilità dei membri ad esprimere il proprio disaccordo, rigidità e scarsa individuazione e differenziazione dei membri (Minuchin S., 1980).
Questa particolare configurazione familiare non permetterebbe lo sviluppo dell’indipendenza nel figlio/a, il quale utilizzerebbe il cibo per reclamare un suo spazio di autonomia. Anche la relazione tra genitori e figli sarebbe veicolata emotivamente quasi esclusivamente dal cibo, come unico scambio affettivo. Tanto che chi soffre di disturbi alimentari si cimenterebbe nella minuziosa preparazione di piatti prelibati per ricambiare quell’affetto.
I genitori, alla scoperta di avere un figlio/a con disturbi alimentari, spesso reagirebbero mostrandosi ancora più controllanti, andando a mantenere stabilmente la funzione del sintomo.
Trattamento dei disturbi alimentari
Il trattamento dei disturbi alimentari necessita di un intervento tempestivo da parte di un genitore, coniuge o di chiunque sia accanto ad una persona che presenta una sintomatologia alimentare conclamata. In quanto se trascurata, può avere delle conseguenze mediche che se non curate porterebbero alla morte. Anche la stessa persona che presenta il disturbo, stanca del problema, può richiedere un cambiamento se ha provato ad uscirne dopo numerosi tentativi senza soluzione.
Gli interventi che io utilizzo in psicoterapia per risolvere i disturbi alimentari e che reputo molto efficaci, sono due: la psicoterapia familiare con giovani adulti in età di svincolo e la psicoterapia individuale con gli adulti.
Propongo anche percorsi brevi di terapia online in videoconferenza, tramite la piattaforma Skype, che si sono dimostrati molto utili per l’eliminazione del disturbo alimentare e per lo sviluppo di una maggiore autonomia e benessere personale nella gestione della propria vita.
- Anoressia nervosa
- Bulimia nervosa
- Disturbo di alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder – BED)