“Sarà sempre così?”, scriveva la scrittrice Anaïs Nin (1986), “Questa impossibilità di trovare la certezza di uno stato d’animo, di una fase, di un umore, mai. Siamo tutti seduti su delle altalene”.
Immersi in altalene di incertezze emotive è la condizione in cui vivono le persone con disturbi dell’umore. È come salire su delle montagne russe emozionali che spingono e sballottano senza sapere quando la corsa finirà.
La tristezza è uno stato d’animo che prima o poi sperimentano tutti, in risposta ad un evento, lutto o ad una delusione. La presenza di un umore triste, vuoto e irritabile, accompagnato da modificazioni fisiche, fisiologiche e cognitive, può fare la sua comparsa andando a peggiorare la qualità delle relazioni sociali, affettive e professionali fino alla comparsa di sintomi fisici.
Depressione e bipolarità: i disturbi dell’umore più diffusi
I disturbi dell’umore più comuni sono la depressione maggiore ed il disturbo bipolare, ma possono essere presenti anche secondariamente a patologie neurologiche e organiche come la malattia di Parkinson, morbo di Alzheimer e le neoplasie; in questi casi il disturbo dell’umore è la conseguenza di una malattia organica, non avendo un’origine psichica e affettiva.
La depressione è caratterizzata da alcuni sintomi psico-fisici evidenti che persistono nel tempo e nella durata come: tristezza, apatia, stanchezza cronica, idee autolesive, bassa autostima, insonnia o ipersonnia, pessimismo, aumentato appetito o al contrario diminuzione dell’appetito, progressivo isolamento sociale, abbandono del lavoro e in alcuni casi possono emergere idee suicidarie.
Il quadro potrebbe non mostrare tutti questi sintomi contemporaneamente o invece arricchirsi di altri sintomi sopra indicati a seconda della gravità del disturbo e della variabilità soggettiva. I sintomi depressivi possono essere la conseguenza di un evento traumatico, come la perdita di una persona cara o la separazione da una persona significativa, oppure essere semplicemente il risultato di un evento scatenante, ma che ha origini significative in un vissuto lontano, da rintracciare nella storia personale, che mette in luce un punto cieco nella fragilità psichica della persona colpita.
Il disturbo bipolare è una condizione invece in cui si alternano momenti di depressione e momenti di mania caratterizzata da euforia, pensiero accelerato, idee di onnipotenza e di riuscita che sfociano in veri e propri deliri.
Ansia e depressione non sono la stessa cosa, ma spesso compaiono insieme. Infatti non è raro per i soggetti affetti da depressione sperimentare l’ansia e i soggetti con ansia diventare depressi.
Depressione, se il pensiero negativo ostacola le soluzioni
Diverse evidenze cliniche dimostrano che spesso chi presenta sintomi depressivi utilizza prevalentemente uno stile di pensiero che in psicologia viene chiamata “Ruminazione”, che va a mantenere il disturbo depressivo. Nolen Hoeksema (1991) definiva la ruminazione come un insieme di “comportamenti e pensieri che focalizzano l’attenzione della persona sui propri sintomi depressivi e sulle loro implicazioni”. La ruminazione, che nel linguaggio comune viene identificata con l’attività di rimuginare, è un insieme di pensieri ripetuti e ripetitivi sul proprio stato d’angoscia che impedisce la ricerca di una soluzione. Spesso la persona depressa è focalizzata sul suo passato, rivivendo nella sua mente immagini e pensieri in modo negativo. Tra i pensieri pessimistici annoveriamo: “Sono un fallimento!”, “Capitano tutte a me!”, “Sono poco capace!”, “me lo diceva la mia famiglia che non ce l ’avrei fatta a superare questa prova e adesso che non l’ho superata verrò deriso da tutti”, “perché mi capitano solo cose negative?”, “Perché mi merito tutto questo?”.
La ruminazione, stile di pensiero negativo
Tutti questi pensieri negativi sono implicati nel peggioramento di uno stato di malessere mentale e fisico. Infatti, il rimuginio può avere degli effetti devastanti sulla salute come: insonnia, irrequietezza, mal di testa, nausea, tensione muscolare, danni alle coronarie negli uomini anziani, esordi di un disturbo d’ansia generalizzato o di una depressione maggiore. La ruminazione in risposta ad uno stato depressivo sembra ritardare la ripresa da eventi depressivi maggiori.
Diverse ricerche hanno dimostrato che la ruminazione è coinvolta in episodi prolungati di umore depresso e nel suo mantenimento. Il pensiero ripetitivo e pessimistico indebolisce l’autostima e la capacità di autoefficacia sull’ambiente circostante del soggetto coinvolto, tanto da non far intravedere la speranza in un futuro.
Il rimuginio è un’attività normale nelle persone quando succedono alcuni eventi negativi su cui bisogna aprire uno spazio riflessione. Ci sono invece persone che mostrano questo stile di pensiero in modo costante e per lunghi periodi, entrando in un circolo vizioso che non riescono ad interrompere se non grazie all’aiuto di un professionista della salute.
Disturbo post traumatico da stress
Nel disturbo post-traumatico da stress, la ruminazione è coinvolta nel mantenimento della sindrome. Questo disturbo avrebbe alla base l’instaurarsi di un disturbo d’ansia e depressivo che si svilupperebbe in seguito ad un evento traumatico. Il rimuginare avrebbe una funzione cognitiva maladattiva di evitamento del problema. La tendenza a rimuginare, prima di presentare il disturbo, è una condizione di vulnerabilità nella persona colpita dal trauma, che favorirebbe lo sviluppo del disturbo post-traumatico da stress.
Diversi studi hanno dimostrato che la ruminazione avrebbe un ruolo nel distruggere la capacità di elaborazione funzionale della memoria traumatica e nella possibilità di attivare un pensiero differente sul trauma, a causa delle continue valutazioni ripetitive e negative sull’evento traumatico.
Dalla risonanza magnetica risulterebbe che, alla presenza di questo disturbo, l’area maggiormente attivata durante la ruminazione sarebbe la corteccia orbitofrontale-ventromediale, che è l’area legata all’elaborazione delle emozioni, e verrebbe invece disattivata l’area del controllo volontario delle emozioni come la corteccia cingolata anteriore.
Depressione post-partum
Durante la gravidanza, il calo ormonale nella produzione di alcuni ormoni (come gli estrogeni e il progesterone) che crescono fino a poche ore prima del parto per poi crollare nei giorni successivi, possono portare alcune donne allo sviluppo di sintomi depressivi di varia intensità e gravità.
La depressione post-partum che colpisce circa il 10% della popolazione si presenta dopo la nascita di un figlio. Le cause possono essere riconducibili allo stress fisiologico e psicologico dovuto alla gravidanza, al parto e al nuovo ruolo di madre che andrebbero ad aggravare uno stile di pensiero basato sulla ruminazione depressiva che sarebbe coinvolta nello sviluppo e nel mantenimento del disturbo.
La depressione post-partum si manifesta con la comparsa di sintomi ansiosi e depressivi accompagnata da episodi di pianto, sconforto, labilità emotiva, colpa, disturbi del sonno e dell’alimentazione, sentimenti di inadeguatezza nella cura del proprio bambino che persistono e solitamente peggiorano verso sera.
Diverse ricerche hanno messo in evidenza come essa sia totalmente sovrapponibile ad una depressione maggiore, se non fosse per il fatto che è secondaria alla nascita di un figlio. Sono stati ipotizzati vari fattori scatenanti tra cui repentini mutamenti a livello endocrino (estrogeni, progesterone e cortisolo) accompagnati da isolamento sociale e dalla mancanza di un valido e concreto supporto nelle relazioni, uniti ad una psicopatologia precedente la gravidanza o sviluppatasi durante il suo corso.
La psicoterapia per curare depressione e disturbi dell’umore
Partendo da una lettura del sintomo depressivo in chiave sistemico-relazionale, esso dovrà essere ridefinito trovando una collocazione nel suo contesto di riferimento. La persona che mostra un disturbo depressivo spesso vive una duplice condizione di inclusione-esclusione nel proprio sistema familiare, sociale, lavorativo o di coppia. Questa condizione andrebbe ad accrescere il senso di isolamento o di vuoto. La mancanza di sostegno metterebbe il soggetto in una condizione di vulnerabilità psichica per cui il richiedere un aiuto ad un professionista risulterebbe un fattore protettivo nell’aggravarsi dei sintomi fisici e mentali.
Gli interventi che utilizzo in psicoterapia per aiutare chi presenta disturbi depressivi sono: la psicoterapia di coppia e la psicoterapia individuale con gli adulti.
Propongo anche percorsi brevi di terapia online in videoconferenza, tramite la piattaforma Skype, che si sono dimostrati molto utili, esattamente come una terapia in studio, per l’eliminazione del disturbo depressivo.
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